Corso: Intelligenza Emotiva

Introduzione
Nel contesto quotidiano, ci siamo resi conto che l’influenza emotiva gioca un ruolo molto fondamentale. Nella percezione degli eventi e nelle dinamiche della comunicazione vi è inevitabilmente un coinvolgimento emotivo e diventa sempre più importante capire quali siano gli stimoli che provocano determianti stati emotivi e come reagire a quest’ultimi. 

Descrizione
In questo incontro si intraprenderà un percorso partendo dalla nostra “anatomia emotiva” fino ad arrivare a comprendere le funzioni base delle nostre emozioni; perché siamo tristi o arrabbiati, aspettative e delusioni, comprendere quali siano gli obiettivi di questi stati.

Obiettivi

  • Conoscere l’origine delle emozioni: l’amigdala
  • Individuare e conoscere le emozioni universali
  • Riconoscere le micro-emozioni e il loro insorgere
  • Comprendere le funzioni degli stati emotivi
  • Leggere le emozioni nonché le esigenze del nostro interlocutore
  • I conflitti emotivi
  • Acquisire la capacità per convertire gli stati emotivi

Durante il corso verrà utilizzata la tecnica della Realtà Virtuale per creare un’immersione sensoriale con lo scopo di stimolare delle emozioni “chiave” e comprenderle.

Corso: Gestione della Comunicazione


Introduzione
Oggi sia a livello interpersonale e che a livello professionale si sente la necessità di avere una migliore gestione della comunicazione. Il flusso frenetico di informazioni che le nuove tecnologie hanno portato, ci hanno reso tutti più sensibili agli argomenti più attuali. Ci siamo resi conto che i rapporti sociali hanno una valenza determinante e di conseguenza vorremmo tutti avere una migliore consapevolezza.

Descrizione
Gestione della comunicazione ha l’obiettivo di sensibilizzare i partecipanti agli argomenti più determinati nella struttura comunicativa. Verranno trattati argomenti come la gestione degli stati emotivi, gli stereotipi, i mezzi di comunicazione, l’ascolto attivo, la gestione dei linguaggi verbali e paraverbali; intraprendere un percorso tra definizioni e comprensioni per migliorare la nostra comunicazione quotidiana.

Obiettivi

  • Introduzione alla gestione degli stati emotivi
  • Gestione dei linguaggi verbali e paraverbali
  • Adattare la comunicazione ai mezzi tecnologici
  • Gestione dei contrasti

Le persone altamente sensibili (PAS)

Le persone altamente sensibili, o PAS, sono individui che presentano un alto livello di sensibilità sensoriale e emotiva. Queste persone sono spesso profondamente colpite dall’ambiente che li circonda, dalle emozioni degli altri e dalle situazioni sociali. In questo articolo, esploreremo le caratteristiche delle persone altamente sensibili e come la loro sensibilità influisce sulla loro vita quotidiana.

Le persone altamente sensibili rappresentano circa il 20% della popolazione mondiale. A differenza di ciò che si può pensare, la sensibilità non è un tratto di personalità negativo. Al contrario, molte persone altamente sensibili sono persone empatiche, creative e riflessive. Tuttavia, la loro sensibilità può anche rappresentare una sfida nella vita quotidiana.

Le persone altamente sensibili possono essere facilmente sopraffatte da situazioni che per la maggior parte delle persone sono semplici. Ad esempio, possono essere sensibili alle luci brillanti, ai suoni forti, ai sapori intensi e agli odori penetranti. Anche le emozioni degli altri possono avere un grande impatto sul loro stato d’animo, portandoli a sentirsi sopraffatti o a dover cercare di fuggire da situazioni sociali.

Inoltre, le persone altamente sensibili possono anche essere sensibili alla stimolazione emotiva, come le notizie negative o le scene violente nei film o in televisione. Queste situazioni possono causare un’overload sensoriale e portare a stress e ansia.

Tuttavia, non tutte le persone altamente sensibili hanno gli stessi punti deboli. Alcune potrebbero essere più sensibili alla stimolazione fisica, mentre altre potrebbero essere più sensibili alla stimolazione emotiva. In generale, però, la sensibilità può essere un’esperienza molto intensa per le persone altamente sensibili.

Nonostante le sfide che possono incontrare, le persone altamente sensibili hanno molte qualità positive. Sono spesso empatiche, intuitive e creative. La loro capacità di percepire il mondo in modo intenso e profondo li rende capaci di apprezzare la bellezza e la complessità della vita in modi che altre persone potrebbero non riuscire a fare.

Inoltre, le persone altamente sensibili possono anche essere molto attente ai bisogni degli altri e capaci di offrire un grande supporto emotivo. Sono spesso molto empatici e sono in grado di comprendere le emozioni degli altri in modo profondo.

Se sei una persona altamente sensibile, ci sono alcune strategie che puoi adottare per gestire la tua sensibilità, come l’esercizio fisico, la meditazione, il tempo da soli, la limitazione delle stimolazioni sensoriali e l’elaborazione delle emozioni attraverso l’arte o la scrittura, oppure, cercare il supporto di amici, familiari e professionisti può essere utile. Parlando con altre persone che condividono la tua sensibilità o che comprendono le tue sfide, potresti sentirti meno solo e trovare supporto e comprensione.

La gamification ha origini anitiche

La gamification è un termine che è stato coniato relativamente di recente, ma il concetto stesso ha radici che risalgono molto più indietro nel tempo. L’idea di utilizzare elementi di gioco per motivare le persone a compiere determinate azioni o raggiungere determinati obiettivi non è nuova e viene utilizzata da molte culture e società in molte forme diverse.

Un esempio di gamification antico è il sistema di premi e punizioni utilizzato nell’antica Grecia per motivare i cittadini a rispettare le leggi e i valori della società. Questo sistema si basava sulla promessa di ricompense, come onori e privilegi, per chi si comportava in modo virtuoso, e sulla minaccia di punizioni, come la privazione dei diritti civici, per chi non lo faceva.

Anche nella cultura cinese antica esisteva un sistema simile, conosciuto come “Jianzi” o “Hacky Sack”, che consisteva in un gioco simile al calcio giocato con un pesante pallone di cuoio che i giocatori dovevano tenere in aria con i piedi, le ginocchia, le braccia e le mani, senza mai toccare il suolo con le mani. Questo gioco era considerato un’attività educativa e un modo per sviluppare abilità fisiche e mentali, e veniva spesso utilizzato come strumento di gamification per motivare i giovani a impegnarsi in attività che erano considerate importanti per la loro formazione e il loro sviluppo.

Con l’avvento dell’era industriale e l’aumento della popolazione urbana, la gamification è diventata un’importante strategia per motivare le masse a lavorare sodo e a comportarsi in modo ordinato. Ad esempio, molti sistemi di produzione industriale erano basati su un sistema di incentivi per motivare i lavoratori a produrre di più e a lavorare più velocemente.

Con l’avvento del computer e delle tecnologie digitali, la gamification ha preso una nuova forma, diventando una parte importante della progettazione di software, giochi e app. Oggi, la gamification è utilizzata in molti ambiti diversi, dalla formazione e l’educazione alla promozione della salute e del benessere, alla motivazione delle vendite e alla fidelizzazione dei clienti.

In conclusione, le radici della gamification risalgono a molte culture e società antiche, ma è solo con l’avvento delle tecnologie digitali che questa strategia ha preso piede diventando uno strumento importante e utilizzato anche dalle grandi società.

Perdere è importante

In una società votata al successo, si è davvero perdenti se si fallisce?

Esistono dei videogiochi basati sul fallimento. Il giocatore si cimenta in una sfida estremamente ardua dove il fallimento sta alla base della comprensione della sfida stessa. Bisogna perdere fino a quando non si impara comprendere a pieno la logica del gioco. Per tanto, la vittoria è dovuta solo al livello di apprendimento della situazione. Questi tipi di giochi una volta erano considerati un settore di nicchia. Oggi, invece, questo genere è diventata una tipologia di gioco estremamente popolare. Ma perchè cimentarsi in sfide cosi ardue dove la sconfitta la fa da padrone? Dove l’espereienza produce un tasso di frustrazione cosi alto?

Forse perchè si è consapevoli che vincere è possibile nonostante la grande difficoltà? Che la riuscita, la soddisfazione di vincere è superiore all’alto grado di frustrazione? In questo caso il detto “L’importante non è vincere ma partecipare” non ha senso, forse ha più senso il detto “sbagliando si impara”.

Ogni volta che si affronta la sfida e si perde il nostro cervello immagazzina delle informazioni. Oltre al lato emozionale che prevale su tutto, durate una serie di azioni che portano alla vittoria o al fallimento il cervello memorizza le  informazioni volte a migliorare la perfomance cosi da affrontare la sfida ogni volta con maggiori strumenti. Sono prorio quest strumenti che sono preziosi, preziosi per fare in modo che i notri tentativi diventino sempre più efficienti verso un’alta difficoltà o solo apparentemente tale. Se si riesce ad avere costanza e determinazione, due srtumenti fondamentali, e superare l’atrito emozionale che ci spinge ad abbondare e a demoralizzarci, emerge una forza che ci spinge a tentare, tentare e tentare ancora fino a quando non otteniamo il successo. A questo punto la vittoria ha un sapore decisamente più gustosa. Nella nostra cultura l’errore, il fallimento ha una connotazione negativa. In altre culture invece l’errore e il fallimento stanno alla base della crescita. Una crescita volta ad acquisire nuove nozioni e che ci faccia uscire dalla confort zone. Demoralizzarsi è facile e questa condizione ci porta in uno stato di avvilimento, di mancanza di fiducia in noi stessi facendo mancare il motore emozionale e motivazionale per tentare ancora e ancora fino a raggiungere la performance desiderata. Queste condizioni sono molto affini all’ambito dello sport soprattutto agonistico dove la performance mette in gioco la propria carriera.Quindi perdere diventa importante perchè è il momento in cui il nostro cervello immagazzina più informazioni, e noi, dobbiamo fare in modo che queste informazioni diventino atteggiamenti, comportamenti, soluzioni da poter sfruttare sempre a nostro vantaggio.

Giocare fa bene al cervello

Lo sapevi che il gioco non è solo un’attività per bambini? Che giocare fa bene al cervello? Queste sono le domande a cui cercheremo di rispondere in questo articolo.
Vi sono numerose ricerche mirate a comprendere quali siano le attività che portano del beneficio alla nostra persona durate l’attività ludica. Numerosi sono gli psicologi o pedagogisti che in passato si sono interrogati e che hanno portato alla luce interessanti ricerche dove si afferma che il gioco porta benefici per lo sviluppo e la crescita del bambino, ma anche negli adulti. Sigmund Freud, padre della psicanalisi, diceva che il gioco rappresenta un momento in cui il bambino ha la possibilità di imitare il proprio genitore nelle sue attività quotidiane. 

Secondo Lev Vygotskij, psicologo e pedagogista sovietico nonché padre della scuola storico-culturale dice che il gioco costituisce un eccezionale elemento di crescita e di definizione della struttura di personalità in tutti i suoi aspetti. È da considerare poi che la nostra personalità è in continua evoluzione anche nella fase adulta.

Anche Jean Piaget, psicologo, biologo, pedagogista e filosofo svizzero, riconosce nel gioco una funzione centrale dello sviluppo della sfera cognitiva personale e della personalità.

Mentre Per Winnicott, il gioco è sempre un’esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità grazie alla sospensione del giudizio, a una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, la realtà, e le sue frustrazioni. 

A questo punto si può desumere che il gioco ha una funziona preponderante sullo sviluppo della nostra personalità che è in costante mutamento, e mentre giochiamo mettiamo in campo attitudini come l’attenzione, la  concentrazione, la sincoronizzazione psicomotoria, l’intelligenza, la strategia, i riflessi, la pazienza, la creatività, l’improvvisazione, il pensiero analitico, la memoria e altro ancora. Queste capacità possono essere allenate e migliorate durante il gioco.

Da un punto di vista psicologico e neurologico, giocare è un’attività che stimola tutta una serie di aspetti interessanti a livello cerebrale da prendere in considerazione. Ogni volta che veniamo messi in una condizione di prevalenza alla vincita oltre che alla vincita stessa, il nostro cervello la elabora rilasciando dopamina, l’ormone che, oltre a diverse funzioni, stimola anche la sensazione del piacere. 

Il rilascio di dopamina è presente anche dopo aver mangiato buon cibo o ascoltato buona musica.

Una cosa importante è non confondere il divertimento con il gioco, perchè il gioco, a differenza da qualsiasi forma di svago libero, ha degli obiettivi e delle regole precise da dover rispettare. Per cui, il divertimento nel gioco è solo una parte del tutto, perchè si può vincere ma si può anche perdere, e bisogna imparare a saper perdere per poi rimettersi in gioco e cimentarsi in una rivincita. Proprio per questo vi sarà già capitato di imbattervi nell’ossimoro “il gioco è una cosa seria!”.

Le Emozioni

Banner-Articoli-Emozioni

Perché prendere in considerazione le emozioni quando si parla di comunicazione?

Nell’ambito della comunicazione ogni stato d’animo influisce in modo determinante sulla costruzione naturale della nostra comunicazione che inevitabilmente condizionano la nostra semiotica quindi, la nostra semantica e la nostra prossemica.

Per tanto è fondamentale renderci conto e sondare il nostro comportamento quando comunichiamo sotto uno stato d’animo. Imparare a riconoscere gli stati d’animo ci renderebbe più consapevoli e comprenderemmo quanto il nostro linguaggio è soggetto a impercettibili segnali che impatta notevolmente sui nostri interlocutori che a loro volta risponderanno imitando o reagendo al nostro linguaggio emotivo.

Comprendere quali siano gli aspetti che in noi suscitano determinati stati d’animo ci aiuterà ad esprimerci in maniera più naturale e ci permetterà di avere un approccio piu risolutorio rispetto le fonti stessa che provocano in noi l’emotività, soprattutto le preoccupazione, dubbi, insicurezze o false certezze.

Quali sono le emozioni che influiscono in maniera particolarmente determinante nella comunicazione?

La paura, la rabbia e la tristezza hanno un’influenza determinante su noi stessi ma soprattutto sulla nostra comunicazione. Queste vengono impercettibilmente percepite attraverso il linguaggio paraverbale e prossemico dai nostri interlocutori che reagiscono inevitabilmente a questi impercettibili input.

Cos’è l’ansia e a cosa serve?

L’ansia è una condiziona di importante attenzione strettamente legata a una preoccupazione un’apprensione o uno stato di paura. In uno stato di ansia sebbene spesso impercettibile e non considerabile tale, il cervello immette nel nostro corpo sostanze chimiche come l’adrenalina, la dopamina, la noradrenalina che ricoprono la funzione di rendere l’organismo più pronto e attivo; queste attivano settori precisi nel nostro organismo come i riflessi, la memoria, la metariflessione, l’osservazione e mobilità dei centri di movimento.

Tutto questo si nobilita affinché la nostra razionalità e il nostro corpo possano reagire a determinate situazioni con prontezza ed estrema efficienza.

La mancanza di consapevolezza di questi stati di ansia e la mancata risolutezza a determinate problematiche contribuiscono a creare forti fonti di stress mentale, che si discostano dalla classicità del burnout o del sovraccarico di impegni lavorativi o interpersonali, e alimentano lo stress fisico contribuendo all’infiammazione particolari zone del nostro copro come la cervicale o la zona lombare (due centri fondamentali per il movimento; l’osservazione e il movimento prossemico)

L’assenza della naturale funzione dell’ansia compromette i principali sistemi di allerta causando mancanze che toccano l’efficienza e l’affidabilità. I riscontri piu comuni li troviamo nell’inadempienza dei doveri, disorganizzazione, dimenticanze relativamente importanti, ritardi non per forza considerevoli e altre conseguenze di piccola media entità.

Bibliografia:
Charles Darwin – L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali
Paul Ekman – Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste
Paul Watzlawick  – Guardarsi dentro rende ciechi
Hermann Ebbinghaus – la memoria e l’apprendimento
Abraham Maslow – La Piramide dei Bisogni
Émile Durkheim – Rappresentazioni individuali e rappresentazioni collettive